La corsa al Quirinale diventa complicata per la politica italiana. E a metterci una pulce nell’orecchio arriva anche il Financial Times. Il quotidiano economico inglese ha prospettato disordini e instabilità in Italia se Mario Draghi lasciasse la guida del governo per fare il capo dello Stato. Che il pericolo sia reale lo dicono gli stessi partiti che vorrebbero tenere Mattarella al suo posto. Al quotidiano online Free.it il parere di Paolo Natale, politologo dell’Università Statale di Milano.
Toto-nomi per il Quirinale e trattative tra i partiti. Mentre si fanno nomi e cognomi per il dopo Mattarella, la partita è tutta incentrata su Mario Draghi. Cosa farà il Presidente del Consiglio? Al quotidiano online Free.it il parere di Paolo Natale, politologo dell’Università Statale di Milano.
Cosa ne pensa di questa corsa al Quirinale, alle prime fasi?
“E’ un’ardua faccenda. Ovviamente, il candidato numero uno sarebbe Draghi. Però se lui passasse da Capo del Consiglio a Capo della Presidenza della Repubblica probabilmente le conseguenze sarebbero fatali per la continuazione del governo. Mi sembra che l’unica possibilità sia quella di tornare alle urne se lui diventasse davvero Presidente della Repubblica. Perché riuscire a mantenere viva una coalizione di governo così ampia suppongo sia abbastanza impossibile per tutti. A meno che non ci si metta Mattarella stesso, facendo uno scambio di ruoli. Scherzo ovviamente, sarebbe uno scenario molto difficoltoso”.
E se davvero Draghi diventasse capo dello Stato?
“Nel caso Draghi diventasse Presidente della Repubblica, si scioglierebbero le Camere e si andrebbe a elezioni. L’altra possibilità è quella che piace molto ai partiti, soprattutto a Forza Italia e al Partito Democratico. E’ quella per cui Mattarella dovrebbe rimanere come capo dello Stato ancora per un anno, anche se lui continua a dire che non è disposto. In questo caso, ci sarebbe il tempo di concludere l’opera di Draghi come Presidente del Consiglio. E poi si andrebbe a elezioni del presidente Repubblica in concomitanza o quasi con le elezioni politiche”.
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Come li vede, invece, i nomi che spuntano in queste ore: Cartabia, Casini. Amato?
“Anche queste tre opzioni sono abbastanza difficoltose, perché poi ci sono sempre dei veti da una parte dall’altra. Potrebbe succedere che si riesce a profilare una maggioranza tale che nomina un suo Presidente della Repubblica. Ma a questo punto diventerebbe un presente Repubblica di parte. Per esempio Berlusconi: è un nome che non trova consensi da parte dei partiti di centro, di centro sinistra e del Movimento 5 Stelle. La stessa cosa accadrebbe al contrario, cioè se una coalizione di centro sinistra riuscisse a eleggere un suo candidato. Ma è uno scenario impossibile, dato che in Parlamento attualmente non c’è nessuna maggioranza, né di centrodestra né di centrosinistra. Senza forze esterne alle coalizioni è abbastanza complicato eleggere una persona che non sia condivisa da tutti gli schieramenti”.
Insomma, la discussione è ancora lunga?
“Sì, sarà molto lunga. Ci saranno ovviamente contrattazioni costanti sotto sotto banco, insomma senza che emergano i veri nominativi. Però, ecco, come dicevo arrivare a una soluzione condivisa da una vasta maggioranza del Parlamento sarà arduo”.
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