Dopo 22 mesi, è finita oggi la carcerazione preventiva di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna. Alla terza udienza, è stato emesso un provvedimento di liberazione in attesa che cominci il processo. La prossima udienza sarà a Febbraio. Ma intanto il mondo ha tirato un sospiro di sollievo. Al quotidiano online Free.it, Giuliano Pisapia, avvocato e parlamentare europeo.
Oggi Patrick Zaki è stato scarcerato. Era una notizia che si attendeva da quasi due anni, perché la detenzione preventiva è stata disumana. Patrick stava male e non ce le faceva più a sopportare la tortura. Ma da oggi potrà tornare a casa dalla sua famiglia. In attesa che cominci il processo. La prossima udienza sarà a febbraio. La notizia, intanto, ha commosso quanti in questi 22 mesi si sono battuti per la sua liberazione. Al quotidiano online Free.it, Giuliano Pisapia, avvocato e parlamentare europeo.
Cosa ne pensa della scarcerazione di Zaki?
“Sono molto contento per Patrick Zaki, anche se è solo un provvedimento di scarcerazione. Il processo prosegue, la prossima udienza è a febbraio e c’è ancora il rischio che possa esserci una condanna. Però, un primo passo è fatto e finalmente Patrick è libero. E’ un gran sollievo, perché la carcerazione preventiva durava ormai da quasi due anni. Bisogna comunque ancora seguire questo processo, per evitare che poi ci sia una condanna che può arrivare fino a 5 anni di reclusione”.
Che cosa succede adesso succede adesso?
“Adesso inizierà il processo vero e proprio. Di fatto, finora ci sono sempre state solo udienze rinviate. Patrick era in una condizione di carcerazione preventiva: è stata una situazione disumana, peraltro analoga quella di migliaia di altri prigionieri politici in Egitto. Nel Paese, chi lotta per la libertà viene incarcerato e torturato. E su questo dobbiamo continuare a fare il possibile affinché cambi la situazione disumana”.
Ma adesso Patrick può tornare in Italia?
“Non lo so con certezza, ma lo escluderei. In genere, quando un imputato è scarcerato con il processo in corso, c’è il divieto di uscire dal Paese in cui si svolge. Temo, purtroppo, che non sarà possibile, ma proprio per questo dovremmo stare ancora più attenti e più vicini”.
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Il Parlamento europeo ha seguito tutta la vicenda. Cosa farete ora?
“Abbiamo seguito dall’inizio e siamo consapevoli che è stato un trattamento disumano. Ci sono state delle risoluzioni approvate dal Parlamento europeo che accusavano l’Egitto di storture e di carcerazione ingiuste. L’unione europea il Parlamento europeo possono fare ancora tanto. L’unico modo per cercare di bloccare queste situazioni è quello non fermarsi, ma di continuare a informare la popolazione e gli altri Paesi su quel che accade nelle carceri egiziane. E poi è necessario continuare a far avere delle sanzioni nei confronti del regime. Perché, evidentemente, per avere giustizia e per avere la tutela dei diritti umani, dobbiamo fare pressioni commerciali. Dobbiamo dire: “con voi noi non facciamo più nessuna accordo commerciale e non diamo più nessun contributo economico. Vediamo adesso come andrà il processo. Noi non abbassiamo la guardia”.
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Patrick potrebbe scappare in Italia?
“Non credo che sia impossibile. Credo che lo terranno in questa situazione anche per dare un segnale, non solo a lui ma anche a tutti quelli che ancora si oppongono alla dittatura di quel Paese”.
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