Il regime di Al-sisi è il vero responsabile della morte di Giulio Regeni. E’ quanto afferma la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio del ricercatore italiano rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto il 3 febbraio.
“La responsabilità del sequestro, della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni grava direttamente sugli apparati di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto. E in particolare su ufficiali della National Security Agency (NSA). Come minuziosamente ricostruito dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma“. E’ quanto si legge nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del ricercatore italiano rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto il 3 febbraio.
Oltre mille pagine, una relazione lunghissima, redatta al termine di due anni di lavoro, che sottolinea le responsabilità del regime di Al-sisi, tra depistaggi e false informazioni fino ad arrivare all’ultimo smacco: la mancata comunicazione da “parte egiziana del domicilio degli imputati“. Considerata come vera e propria ammissione di colpevolezza e “oggettiva ostruzione al naturale decorso della giustizia italiana che reclama un’adeguata presa di posizione politica”.
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Caso Regeni, la Commissione d’inchiesta: “Giulio poteva essere salvato”
Secondo la relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dal deputato LeU Erasmo Palazzotto “i responsabili dell’assassinio di Giulio Regeni sono al Cairo, all’interno degli apparati di sicurezza e probabilmente anche all’interno delle Istituzioni“. Un’accusa pesantissima, soprattutto in virtù del fatto che “c’era tutto il tempo per intervenire e per salvargli la vita“.
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Nel testo finale della relazione si legge che “a tutt’oggi, con il pieno sostegno dell’opinione pubblica, il Governo dichiara che i rapporti bilaterali non potranno essere ripristinati ai precedenti livelli finché non saranno puniti i responsabili della morte di Giulio Regeni“.