La polizia ha eseguito una quarantina di misure cautelari per mafia dopo quanto disposto dal gip di Potenza: duro colpo agli affiliati del clan Martorano-Stefanutti. Molte le ramificazioni con altri clan mafiosi. Puntavano al monopolio nei settori delle macchinette video-poker, armi e droga.
Le forze dell’ordine sono attive dalle prime ore dell’alba di oggi 29 novembre 2021 per emettere delle ordinanze di custodia cautelare. La polizia ha arrestato diversi affiliati che apparterrebbero al noto clan Martorano-Stefanutti molto attivo a Potenza. A deciderlo è stato il giudice per le indagini preliminari della cittadina lucana.
L’estensione degli affari illeciti anche nella zona di Matera avrebbe dato vita ad alcune indagini approfondite. Le persone fermate sarebbero accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio di sostanze stupefacenti, ma ci sarebbero anche dei presunti “delitti di scopo” avvenuti con metodologia mafiosa.
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A coordinare l’operazione è stata la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza. Le indagini sarebbero state condotte per accertare eventuali responsabilità su alcuni “delitti di scopo” avvenuti in Basilicata. Colpito il clan “Martorano-Stefanutti”, operante sul territorio di Potenza e provincia, con estensione anche sul territorio di Matera, ovvero indagati a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, danneggiamento seguito da incendio ed altro, aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso. In tutto 28 misure di custodia cautelare in carcere; 9 misure di arresti domiciliari e un divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza.
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Le indagini hanno svelato attraverso l’acquisizione di documenti contenenti veri e propri riti di affiliazione, regole, organigrammi e ruoli di vertice delle cosche della ‘ndrangheta. Scoperta così l’esistenza di solidi legami intrattenuti e consolidati nel corso degli anni dal sodalizio lucano con alcuni dei clan maggiormente accreditati sul territorio nazionale, come quello dei Pesce-Bellocco di Rosarno e quello dei Grande Aracri di Cutro con cui è stato intessuto un consistente e duraturo rapporto di collaborazione criminale coltivato negli anni, specie nel settore elettivo dei videogiochi. Sul quale la D.D.A. potentina aveva già svolto in passato alte indagini. Altre proiezioni criminose extraterritoriali hanno interessato esponenti sia della mafia siciliana, legati al sodalizio dei SANTAPAOLA di Catania, sia a sodalizi mafiosi presenti e operativi in Puglia e Basilicata.
In particolare le indagini hanno ricostruito coma il sodalizio potentino fosse permeato nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino, reiterati e eclatanti le azioni intimidatorie. Ma non è tutto, l’attività degli investigatori ha documentato oltre quindici anni di azioni delittuose riconducibili a esponenti del gruppo criminale e sui quali il Gip ha tracciato il solco di un nuovo corso criminale attivo nella città di Potenza, con l’obiettivo di consolidare il monopolio su specifici settori, tra cui l’installazione e la gestione di macchinette video-poker ed i servizi di sicurezza e vigilanza all’interno delle discoteche.
Proprio le armi e la droga sono risultate rappresentare un altro settore di preminente interesse del sodalizio criminale. Secondo gli inquirenti è confermato anche da pregressi arresti eseguiti nel maggio del 2020, a seguito del rinvenimento di due pistole, oltre che di cocaina e marijuana che gli stessi detenevano in un’abitazione rurale alla periferia di Potenza, e da altri arresti e sequestri di stupefacenti, effettuati nel corso del corrente anno proprio a riscontro delle risultanze investigative. Il redditizio settore della droga ha permesso al clan di movimentare cospicue somme di denaro, destinate in parte anche all’assistenza in favore dei sodali detenuti, secondo il consolidato sistema della cd. “bacinella”. Modus operandi tipico delle associazioni mafiose. Ovvero una forma di mutua assistenza anche nei confronti di esponenti detenuti presso la Casa circondariale di Melfi. Oltre a ricevere costante assistenza materiale, si impartivano specifiche direttive verso l’esterno, anche attraverso la consegna dei pizzini, così continuando a mantenere il controllo del gruppo mafioso.
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