Nel giorno in cui a Londra si apre il G7 d’emergenza dei ministri della Salute, la domanda cruciale è quanto proteggono i vaccini dal variante Omicron. La risposta potrebbe arrivare già nelle prossime ore. In ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it, Massimo Andreoni, direttore scientifico della società scientifico di malattie infettive di Tor Vergata, spiega così la situazione.
In queste ore i Paesi di mezzo mondo sono in allerta per la variante del Covid Omicron. La mutazione emersa in Sudafrica e già comparsa in varie parti del mondo e d’Europa. La preoccupazione è alta. Ci si interroga sulla contagiosità, che sembra elevatissima, ma soprattutto sulla copertura dei vaccini. In ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it, Massimo Andreoni, direttore scientifico della società scientifico di malattie infettive di Tor Vergata, spiega così la situazione.
Cosa ne pensa di questa variante Omicron?
“Prima di tutto penso che debba essere per noi un monito. Evidentemente dobbiamo evitare che il virus circoli troppo, perché se no le varianti contineranno a diffondersi. Le mutazioni del virus sono qualcosa di ineluttabile, è parte del processo darwiniano della sopravvivenza. Cioè il virus cerca di modificarsi per vincere quelle che sono le misure che noi gli mettiamo contro, il vaccino stesso. Il virus non deve circolare. Inoltre, c’è da dire che le varianti ci sono dall’inizio, non è un problema di adesso. Ora ne parliamo perché più il virus muta, più è alto il rischio che diventi pericoloso. Come questo”.
Cosa si fa finora?
“Tecnicamente ancora sappiamo poco. Sappiamo che dove ha messo le mutazioni, quante ne ha messe: le 32 in quattro regioni del virus della proteina spike, che sono quelle zone in cui insistono maggiormente gli anticorpi che noi produciamo contro il virus, con la vaccinazione. Quindi elementi di preoccupazione ce ne sono. L’elemento che potrebbe essere un po’ rassicurante è che quante più mutazioni ci sono, e 32 sono molte, tanto più il virus perde qualcosa. Riduce qualche sua attività”.
Per esempio?
“Certamente non la trasmissibilità, come emerge, se è vero che ha raggiunto in pochi giorni alte percentuali di prevalenza in Sudafrica. Ricorda? La variante Delta che aveva sostituito l’Alfa, aveva una capacità di trasmissione almeno triplicata e ci ha messo diverse settimane a diffondersi largamente. Se una variante soppianta un’altra in pochi giorni vuol dire che è fortemente contagiosa. Questo, però, non vuol dire che sia più letale o più virulenta. Questo dobbiamo aspettare per capirlo con esattezza”.
Cosa emerge dai primi studi?
“Dai primi segnali sembra che non sia tanto aggressiva. Il paziente zero italiana, la famiglia casertana sta bene, tutti i contagiati, 4 agli 80 anni hanno sintomi lievi e sono vaccinati. Si dice che anche in Sudafrica i pazienti contagiati abbiano sintomi leggeri però sono notizie che devono essere confermate così come aspettiamo nelle prossime ore di sapere se i vaccini coprono bene questo virus oppure no. Io credo che comunque i vaccini un pochino continuino a funzionare. E’ difficile che un vaccino buchi completamente la variante. Però è chiaro che avere un vaccino che funziona al 95% per lo meno per quanto riguarda la malattia grave se passa al 60% certo, protegge ancora ma protegge molto meno. Ed è questo quello che ora serve sapere”.
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Quanto tempo ci vorrà secondo lei per capire che i vaccini tengono?
“Credo molto poco. Normalmente la metodologia per capire non è particolarmente completata. Sicuramente avremo informazioni tra oggi e domani. Ci stanno lavorando molto sia i produttori di vaccini sia le autorità sanitarie. Sarà una notizia che avremo nelle prossime ore. Ma in ogni caso tutti quanto dobbiamo continuare a vaccinarsi, con prime dosi e terze, per chi ne ha già diritto. Il vaccino in ogni caso riduce la circolazione del virus. E poi essere un pochino più rigidi nelle misure di contenimento”.
Secondo lei, nel caso in cui i vaccini non fossero del tutto efficaci, ci sarà un nuovo vaccino?
“Sì, la tecnologia lo permette con una certa facilità. Questo non vuol dire che tra una settimana avremo già il nuovo siero. Ci vorranno mesi prima che le case farmaceutiche possano essere in grado di produrlo in quantità sufficienti. Se sicuramente il vaccino dimostrasse una efficacia estremamente ridotta, allora a quel punto dovremmo presto ricorrere a un nuovo siero e sia Moderna che Pfizer sono in grado di realizzarlo velocemente”.
Proprio a proposito di questo, oggi a Londra c’è il G7 dei ministri della Salute. Si discuterà proprio della chiusura dei confini. Lei pensa sia una buona idea?
“Quella di chiudersi è una buona idea ma purtroppo funziona pochino. Nel senso che non è la soluzione. Serve per rallentare l’ingresso del virus ma verosimilmente il virus è già entrato ovunque. Ovviamente se uno riduce il numero di persone che circola, riduce i tempi con cui il virus diventa prevalente. Però purtroppo, per un virus che si trasmette così rapidamente, la chiusura è soltanto capace di ritardare, non di impedire. Va bene, ma non è la soluzione”.
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