L’OMS ha rinominato la variante sudafricana che ora è nota come Omicron. Ma i timori restano identici. L’Unione Europea è in allarme e aspetta di saperne di più. Dopo i casi di mutazione di pazienti in Israele e Belgio, i ricercatori mondiali sono al lavoro. Per capire come Bruxelles si prepara ad affrontare la nuova emergenza, in ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it le parole di Marc Botenga. Politico belga, partito del lavoro del Belgio e membro del Parlamento europeo.
In queste ore il mondo è di nuovo nel panico a causa della nuova variante del Covid individuata per la prima volta in Sudafrica. L’OMS l’ha rinominata Omicron e presenterebbe oltre 50 mutazioni che potrebbero bucare i vaccini e infettare tutti. Bruxelles è in allerta e sta seguendo la situazione intanto torna in primo piano il tema della disuguaglianza vaccinale nel mondo. In ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it il politico belga, Marc Botenga, partito del lavoro in Belgio e membro del Parlamento europeo, spiega così la situazione.
Che cosa si sa al momento?
“Per ora ne sappiamo pochissimo e non possiamo essere certi di nulla, ma ovviamente quel poco che è noto fa preoccupare. C’è il rischio che questa mutazione possa essere più contagiosa, che possa sfuggire al vaccino. Ma tutto ciò ora è solo ipotizzabile, dobbiamo aspettare le indagini e le analisi degli scienziati. E ci vorranno un paio di settimane. In ogni caso, dobbiamo esser pronti a prendere provvedimenti, a seguire le regole che i singoli Stati stanno adattando alla situazione. Ma dobbiamo anche arrivare a una soluzione radicale del problema”.
Cosa intende?
“L’arrivo di questa mutazione mette di nuovo in agenda la questione dell’accesso al vaccino a livello mondiale. E il rifiuto di condividere la tecnologia del vaccino con altri Paesi. Nonostante le richieste internazionali, non è mai stato fatto. E invece la condivisione permetterebbe non solo a più aziende di produrlo ma anche a più ricercatori di studiarlo e migliorarlo. Invece, le scelte che sono state fatte a livello europeo stanno portando al disastro”.
Lei è tra i politici che si sono maggiormente spesi proprio per la diffusione dei brevetti. Questa minaccia che arriva dal Sudafrica potrebbe in qualche modo sbloccare l’empasse?
“Io lo spero e mi auguro che la Commissione europea capisca che non è una questione solo di profitti, ma la soluzione al problema al livello globale. Se non si vaccinano gli altri Paesi del mondo, il virus continuerà a mutare e le varianti diventeranno potenzialmente sempre più pericolose per tutti. C’è una coalizione di più di 100 nazioni che lo sta chiedendo all’OMS. Sotto la pressione pubblica, anche gli Stati Uniti hanno dovuto cedere. Gli ultimi a negare questo diritto sono proprio i Paesi europei ed è veramente uno scandalo. Purtroppo temo che martedì, quando inizia la conferenza interministeriale dell’organizzazione mondiale del commercio a Ginevra, la decisione verrà confermata. E’ una politica che sta prolungando la pandemia”.
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Ieri Ursula Von der Leyen ha detto che non è escluso che possano anche esserci ulteriori limitazioni In Europa. Ci saranno incontri a Bruxelles nei prossimi giorni?
“Le misure contenitive e le eventuali limitazioni sono di competenza nazionale. Quindi da quel punto di vista, saranno i singoli Paesi a prendere decisioni. Da lunedì ci saranno delle riunioni a Bruxelles: c’è allarme. E seguiremo i lavori dell’OMS per capire che evoluzione ci sarà. Da due anni viviamo una situazione a Yoyo: aperture, chiusure, più limitazioni, meno limitazioni. Mi chiedo quante varianti serviranno prima che si prendano le misure strutturali necessarie per risolvere il problema alla radice”.
Ieri la Pfizer ha detto che in tre mesi potrebbe riuscire a produrre il vaccino adatto a contrastare questa variante.
“Il punto non è la Pfizer. Ma, ripeto, la condivisione delle tecnologie. Con più ricercatori al livello mondiale, potremmo essere in grado di produrre vaccini più performanti, adatti alle singole caratteristiche geografiche. Adatti a tutti, a prezzi più bassi. Magari con tecnologie all’avanguardia, si produrranno vaccini che non debbano essere conservati a – 70 ° o a -20°. Si potrebbero creare vaccini con una in grado di conservazione più interessante anche per i Paesi con meno risorse tecnologiche. Questa è una sfida globale che non può esser sfruttata per il profitto di una sola azienda”.
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