Dopo che i talebani sono ritornati al potere in Afghanistan lo scorso settembre, i riflettori sul Paese si sono spenti, o comunque hanno perso d’intensità. Eppure le cose vanno molto male, soprattutto per le donne. In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it il racconto di Frozan Adnani Payenda, docente universitaria di Kabul.
Frozan Adnani Payenda era una professoressa all’Università di Kabul, ma da quando in agosto i talebani sono arrivati in città, non ha più potuto lavorare. Non le è consentito insegnare, né frequentare i circoli femministi. Cos’è la violenza sulle donne oggi in Afghanistan? Frozan docente che non può più nemmeno entrare in università, racconta in ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it l’atroce situazione.
Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, com’è la tua situazione in Afghanistan?
“Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne mi sento di dire che in Afghanistan abbiamo perso. Io, le altre, tutte noi. Da quando sono arrivati i talebani, non sono riuscita a tornare al mio lavoro. Un lavoro che ho sempre voluto fare e per cui ho lottato strenuamente. Quando finalmente ero riuscita a ottenere riconoscimento, stima dai miei colleghi, autorevolezza anche con certi studenti maschi, sono ritornati i talebani. L’Università di Kabul è aperta ma a me ancora non hanno dato il permesso di tornare a insegnare”.
Che cosa è cambiato nella tua vita?
“Ogni cosa. Prima mi alzavo la mattina, preparavo colazione pranzo per figli e marito e poi andavo all’università. Anche se non avevo lezione, preferivo comunque andare lì a studiare, preparare gli esami, frequentare i colleghi. Frequentavo un collettivo di studentesse, davo loro una mano. Ora sono rinchiusa in casa e mi sento morire dentro. Rabbia impotente mista a depressione. Noi donne stiamo in casa, abbiamo paura e se usciamo dobbiamo rinchiuderci come sacchi, perché i talebani hanno impostato la loro sharia”.
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In Afghanistan c’è violenza sulle donne? Anzi, cos’è oggi la violenza sulle donne?
“Avevamo fatto dei grossi progressi negli ultimi cinque anni. Come collettivo, con associazioni, con donne avvocate, pm, poliziotte. Eravamo riuscite a mettere un punto fermo, a garantire dei diritti. Non che non ci fossero resistenze e minacce ma qualcosa nella società stava cambiando, soprattutto tra i giovani. Adesso figlia cara, siamo tornare e oltre venti anni fa. Sarà dura. Ecco, questo oggi per noi è violenza. Non poter lavorare, uscire, essere noi stesse, studiare. Non poter essere libere”.
Le donne riescono a fare rete ora che ci sono i talebani?
“Molto poco, perché tante hanno il terrore di essere spiate, di essere scoperte. Si sono sciolti gruppi di supporto, associazioni femministe, reti di auto aiuto. Vorrei dirvi che in questa giornata almeno c’è uno scatto di fiducia ma no. Se prima il problema erano i mariti che picchiavano, adesso sono i talebani che fucilano. Capite, il punto di vista cambia. Di Paese in Paese, i diritti sono garantiti in percentuale e anche ciò che è tollerabile muta. La nostra soglia, purtroppo non è più l’occhio nero o la guancia arrossata per uno schiaffo. E’ la libertà di non essere uccisa da chiunque, solo perché respiriamo”.
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