Oggi al confine tra Bielorussia e Polonia è morto un bambino di un anno. La situazione dei migranti non migliora e sono ancora migliaia le persone che hanno bisogno di aiuto. La Polonia non vuole aprire le frontiere. La Bielorussia insiste con la sua politica.
Era solo questione di tempo prima che accadesse, anzi, prima che qualcuno se ne accorgesse. Al confine tra Polonia e Bielorussia è morto un bimbo di un anno. E’ morto di freddo. Il piccolo era insieme alla sua famiglia accampata in un angolo della foresta tra i due Paese, nella zona di Bruzgi. A trovarli sono stati i volontari del centro polacco per i rifugiati che in questi giorni pattugliano i boschi alla ricerca di migranti in difficoltà. Il bimbo non ce l’ha fatta, ma anche le condizioni dei genitori non erano delle migliori. Entrambi erano feriti ed erano in ipotermia.
Secondo i dati del Ministero polacco sono dodici i morti nelle foreste al confine tra Polonia e Bielorussia. In realtà i decessi sono decisamente di più, perché molti sono morti nel silenzio più totale, nel buio della boscaglia. Sono deceduti per il gelo, per le ferite, per malori. Le persone che sono ammassate al confine sono migranti che arrivano da guerre, torture, viaggi estenuanti. Sono deboli e avrebbero bisogno di aiuto e invece sono trattati come pedine dalle autorità nazionali. Bielorussia e Polonia continuano a farsi la guerra geopolitica sulla pelle di queste persone.
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“Purtroppo sapevamo che sarebbe potuto succedere”, racconta un’attivista che sta seguendo la situazione al confine. “Il bimbo era un ghiacciolo, è stato veramente tragico sapere della sua fine ingiusta, alle porte di uno dei continenti più ricchi del mondo”. Ora i migranti accampati alla frontiera, tra il filo spinato che separa i due territori, sono pochi. La maggior parte è tornata nella foresta e intanto la Bielorussia ha fatto sapere di aver sgomberato i campi profughi allestiti a meno di 1 km dal confine polacco.
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Ma restano in quel corridoio di terra maledetto, sono ancora tutti lì e hanno bisogno di aiuto. “Non possono lasciarci morire tutti qui”, ha detto un migrante siriano che si trova in quella zona. Attende. Attende di capire cosa ne sarà di lui.
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