Alla vigilia della partita di campionato contro la Lazio, il tecnico dell’Atalanta ha parlato dell’approccio all’incontro, soffermandosi sulle polemiche scaturite nelle ultime settimane con la classe arbitrale.
“Credo che alla fine andrò in panchina, ma devo ancora decidere. E comunque ho pensato seriamente al fatto di non farlo”, così comincia la conferenza stampa di Gian Piero Gasperini. Il tecnico della Dea, infatti, aveva avanzato una clamorosa ipotesi di andare in tribuna nonostante la fine della squalifica che gli ha impedito di essere a bordocampo nel match di Genova contro la Sampdoria.
Resterà quindi un’ipotesi per Atalanta-Lazio, “perché c’è la squadra, non solo le mie valutazioni personali, e non è bello non andare in campo con i tuoi giocatori. Se andrò – ha proseguito – lo farò anzitutto per motivi di opportunità. Ma quando ci sono troppe cose che non capisco, sono io a fare un passo indietro”.
L’allenatore torinese ha quindi approfondito quello che aveva definito “problema degli arbitri“: “In nove partite non ero mai stato neanche ammonito: l’espulsione di domenica mi ha dato fastidio, è stata pesantissima da accettare. Il problema è molto più serio della mia espulsione, e finalmente sta venendo fuori. In questo calcio ormai si fatica a capire troppe cose: i gialli, i contrasti che sono gesti tecnici del calcio, oltre che un loro aspetto spettacolare, che non si può togliere”.
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Il mister, sulla panchina dell’Atalanta da ormai cinque anni, è un fiume in piena: “In troppe partite succedono cose impreviste e non c’è chiarezza. Sì, perché succedono cose eclatanti, in quasi tutte le partite. È tipicamente italiano – ha proseguito – evitare di affrontare un problema, nasconderlo, invece di cercare di risolverlo: in questi anni c’è stato una sorta di patto di non aggressione, ma così un nodo da piccolo diventa sempre più grande. È ora di intervenire, altrimenti andiamo a discapito della credibilità del nostro calcio, che in questo momento è pesantemente compromessa in tante partite. E la soluzione non è il Var a chiamata: ci sono già abbastanza persone deputate a decidere”.
E ha continuato, parlando anche della differenza di atteggiamento della classe arbitrale tra campionato di Serie A e Champions League: “E ancora i falli di mano, l’intervento del Var, che fra l’altro non è guidato da una sola persona: le immagini tv non sono sindacabili, e invece di fronte alle immagini non capiamo più niente. In Champions è tutto diverso, soprattutto a livello di falli, contrasti, simulazioni, rigori. Se si parlasse, perlomeno si chiarirebbe: perché un giallo, un fallo fischiato, perché il Var interviene o non interviene. Troppe cose che non riesco a capire, troppe situazioni cervellotiche, eppure sono nel calcio da tanti anni“, ha concluso.
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