La procura di Firenze ha chiuso le indagini dell’inchiesta sulla fondazione di Matteo Renzi. Sono 11 le persone indagate e quattro sono le società coinvolte. Le accuse sono di finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio, traffico di influenze.
C’è anche Matteo Renzi tra gli undici indagati dalla procura di Firenze sui finanziamenti alla fondazione Open. I Pm hanno chiuso le indagini sulla fondazione ideata per sostenere le iniziative del leader di Italia Viva e hanno scritto 11 persone nel registro degli indagati.
L’accusa per tutti è finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio, traffico di influenze. Nel mirino dei magistrati sono finiti, oltre Renzi Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Tutti nomi illustri che compongono tuttora il cosiddetto Giglio magico, il gruppo ristretto di fedelissimi che da anni segue il politico toscano.
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In particolare, gli investigatori si sono concentrati sulle attività di Luca Lotti, ex ministro di Matteo Renzi. Nel periodo in cui Lotti era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio avrebbe spinto il Parlamento ad approvare norme per agevolare la Toto Costrizioni Spa. Per questo è accusato di corruzione.
In cambio dell’operazione in parlamento, come ricompensa, la Toto Costrizioni avrebbe pagato 800 mila euro all’avvocato della fondazione di Renzi, Alberto Bianchi. Soldi elargiti per il fittizio pagamento di una prestazione. Bianchi, a sua volta, avrebbe versato 200 mila euro direttamente nelle casse di Open e 200 mila euro al comitato per il Sì al referendum sulla riforma costituzionale. Dei fondi avrebbe beneficiato anche Maria Elena Boschi, anche lei tra gli indagati.
Questo è quanto hanno ricostruito il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi, entrambi a capo dell’inchiesta. In relazione a questo episodio, devono rispondere di corruzione anche l’imprenditore Patrizio Donnini e Alfonso Toto della Toto Costruzioni. Toto è inoltre accusato anche di finanziamento illecito ai partiti.
Secondo gli investigatori, i vari passaggi di denaro sono avvenuti tramite due società di facciata: una legata alla famiglia Toto, la Renexia Spa, l’altra amministrata da Patrizio Donnini, la Immobil Green. Donnini è accusato, tra le altre cose, di auto-riciclaggio, perché avrebbe “ripulito” i soldi investendo in proprietà immobiliari.
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