Il 15 ottobre scatterà l’obbligo di Green Pass sul posto di lavoro. Sono state settimane calde l’entrata in vigore della normativa. Tra manifestazioni, polemiche e interrogazioni parlamentari. La certificazione verde obbligatoria continua a calamitare l’attenzione dell’opinione pubblica. Sul tema è intervenuto anche il Prof. Enrico Pregliasco.
Green Pass sì, Green Pass no. In realtà la questione andrebbe posta in termini diversi: Green Pass come. Quello del certificato verde sul posto di lavoro è un tema sempre più caldo. Soprattutto in vista dell’obbligo previsto tra poche ore. Lo Stato non dovrebbe pagare i tamponi ai cittadini, già paga i vaccini. Queste le parole del Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano Fabrizio Pregliasco ad Adnkronos.
“Io dico che dobbiamo buttarci in queste onde pesantissime mantenendo la barra dritta. E’ dura, non è facile e sarà una scelta politica quella di trovare, come spesso accade, una mediazione su situazioni emergenziali”, ha spiegato Pregliasco. Ma apre all’ipotesi di un ‘tampone di cittadinanza‘. Ovvero quel tampone che lo Stato dovrebbe, o potrebbe, pagare agli indigenti: “Vedo che spesso coloro che mancano all’appello sono quelli che sono ai margini, irregolari, che sono lontani da tutto. Il solo fatto di dovergli far fare il tampone ci dà un po’ di garanzia di sicurezza e in più li spinge verso la vaccinazione, perché dopo 3 o 4 volte che fai il tampone ti scocci”, sottolinea il Direttore Sanitario del Galeazzi di Milano.
Secondo Pregliasco sul tema del Green Pass si è radicalizzata tutta la sofferenza e le difficoltà di due anni di pandemia. “Credo che tutto questo vada visto come tutte le reazioni emozionali che sono seguite alle applicazioni delle varie disposizioni. ‘Non ci sono tamponi e li vogliamo, il lockdown è difficile, e l’autocertificazione…'”, spiega il docente ad Adnkronos.
Trascinare 60 milioni di italiani verso un obiettivo non è facile, per questo il Green Pass dovrà essere graduato tenendo conto degli aspetti pratici e delle difficoltà del singolo. L’unica preoccupazione riguarda la mole di tamponi che il Sistema Sanitario dovrà garantire ai lavoratori non vaccinati. “E’ chiaro che in una prima fase ci saranno problemi. Vedremo se le stime sono state un po’ pessimistiche. Ho visto diverse indagini in cui si dice che si dovranno fare 800mila tamponi al giorno. Sarà dura nella fase iniziale”, conclude.
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