Caso Regeni, si è aperto oggi a Roma il processo dei quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani. I militari accusati del sequestro, della tortura e omicidio di Giulio Regeni. Il giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo nel 2016. Assenti gli imputati.
Si è aperto oggi nell’’aula bunker di Rebibbia, a Roma, il Processo Regeni. Cinque anni e otto mesi dopo l’assassinio del giovane ricercatore italiano, rapito il 25 gennaio del 2016 al Cairo. In aula i familiari di Regeni e giornalisti provenienti da ogni parte del mondo. Non si sono presentati invece i quattro militari egiziani. Gli agenti della National Security accusati di tortura, sequestro di persona e omicidio.
“I quattro imputati sono dei finti inconsapevoli. Non sono qui in aula per evitare che il processo vada avanti. Sperano che non facendo l’elezione del domicilio, possano fuggire dal processo. Noi crediamo che questo non sia giusto. Il processo deve cominciare perché ci sono tutte le condizioni, anche quelle per il diritto di difesa, perché questo processo si tenga”, ha attaccato il Procuratore Aggiunto Sergio Colaiocco.
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E’ un problema di procedibilità. Il Giudice dell’udienza preliminare, li aveva già rinviati a giudizio, considerando che il clamore mediatico degli ultimi anni potesse valere come notifica. Ma nonostante ciò, i quattro imputati non si sono presentati. E l’Egitto non ha mai voluto comunicare i loro indirizzi. Per questo gli atti non sono stati notificati.
“E’ un caso di abuso del diritto, con una volontà chiara di sottrazione dal processo. La notizia delle indagini è stata oggetto di una copertura internazionale oggettivamente capillare e straordinaria. Tutti i media mondiali ne hanno parlato. Gli imputati sapevano certamente che il processo italiano stava per cominciare”, ha spiegato il Procuratore Aggiunto Sergio Colaiocco. Che poi ha aggiunto: “Qui gli imputati non ci sono. E non ci sono per due motivi: o perché non lo sanno. O invece lo sanno, e hanno evitato di esserci nella speranza che il processo si blocchi. Sottrarsi al processo che l’Italia vuole loro fare”, ha concluso.
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