Si aprirà domani il processo dei cinque militari egiziani. Quelli accusati del sequestro, della tortura e omicidio di Giulio Regeni. Il giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo nel 2016. Per la prima volta in Europa viene processato un sistema di Governo.
Cinque anni e otto mesi dopo. Domani, nella Terza Sezione della Corte di Assise di Roma, inizierà il processo dei cinque militari egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni. Il giovane ricercatore italiano rapito il 25 gennaio del 2016 al Cairo. La novità importante è che la Presidenza del Consiglio ha fatto sapere che intende costituirsi come parte civile al fianco della famiglia. La notizia non è ancora stata ufficializzata per non per non creare disturbo ai genitori di Giulio, Paola e Claudio. Che avevano richiesto espressamente che le associazioni non si costituissero parte civile. Per evitare di allungare i tempi di un processo apparso complicato sin da subito. Ma è chiaro che se fosse lo Stato a decidere di affiancarli non si opporrebbero.
In quello che si presenta come un processo piuttosto spinoso saranno chiamati a testimoniare il presidente Al Sisi, suo figlio Mahmood e l’allora ministro degli interni Ghaffar. Inoltre saranno sentiti tutti i Presidenti del Consiglio italiani degli ultimi cinque anni: Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi. In più tutti i Ministri degli Esteri, i sottosegretari con delega ai Servizi e i vertici dell’Intelligence.
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Caso Regeni, la mancata tutela dei diritti umani
Altro aspetto fondamentale della vicenda consiste nel fatto che a finire sotto accusa saranno i cinque militari direttamente coinvolti ma in realtà sarà processato un sistema di Governo, quello egiziano. Ed è la prima volta che succede, in Europa. E le imputazioni sono pesantissime. Parliamo di mancata tutela dei diritti umani.
In aula sarà presente la famiglia di Giulio Regeni, assistita dall’avvocato Alessandra Ballerini ma non compariranno gli imputati. A causa della mancata collaborazione dell’Egitto. E ciò porrà inizialmente un problema di procedibilità. Ma il Giudice, nell’udienza preliminare, li aveva già rinviati a giudizio, considerando che il clamore mediatico degli ultimi anni potesse valere come notifica.