Nel Mediterraneo è in corso una battaglia tra colossi per la pesca del tonno rosso. Il Giappone compra a peso d’ora la maggior parte delle quote pesce, e all’Italia non resta che acquistare il tonno a pinne gialle, che arriva dall’Oceano Pacifico.
Da dove arriva il tonno che mangiamo? Se pensate che la risposta sia scontata, certamente state sbagliando. Perché non arriva dal Mediterraneo, cioè uno dei mari più ricchi di tonno rosso, bensì dall’altro capo del mondo: dal Giappone.
A portare all’attenzione questo importante tema, è stata un’inchiesta della Iena Giulio Golia, che si è imbarcato su una motovedetta della Guardia Costiera italiana ed è andato con loro alla ricerca dei pescatori di frodo di tonno rosso. Questo perché nel Mediterraneo è in corso una lotta di potere tra mercati internazionali.
Quello che comunemente noi italiani acquistiamo al supermercato, è il tonno a pinne gialle, tipico dell’Oceano Pacifico, che arriva sulle nostre tavole, dopo aver percorso migliaia di chilometri. Perché non mangiamo quello più pregiato che nuota nel nostro mar e che rappresenta anche una grande fonte di lavoro per i nostri pescatori? Semplice, perché quello, lo comprano tutto i giapponesi che lo usano per sushi, sashimi e altri piatti tradizionali. E lo acquistano letteralmente a peso d’oro. Un tonno, infatti, viene pagato dai cittadini del Sol Levante a un prezzo dieci-quindici volte superiore a quello italiano, con un giro d’affari che arriva a 40 miliardi di dollari all’anno (cui ne vanno aggiunti almeno altri 25 proveniente dal mercato illegale).
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Il Giappone, un colosso che fagocita i nostri pescatori
Dagli anni ’90 è in vigore l’Iccat, The International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas, in pratica l’ente che vigila sul rispetto della pesca del tonno tra Atlantico e Mediterraneo. Ogni Paese, ha una quota tonno da rispettare, cioè un massimo di esemplari che possono essere pescati. Superata quella, ogni tonno in più diventa illegale e la multa per la pesca che viene considerata abusiva, può arrivare fino a 8mila euro.
Il problema è che il sistema delle quote non garantisce l’equilibrio del mercato e infatti l’Italia non ha un ruolo determinante in questo business, mentre a spadroneggiare sono le compagnie giapponesi o quelle internazionali che fanno comunque affari con il Giappone. E non sempre sono autorizzate. Nei nostri mari infatti, la pesca di frodo del tonno è un’attività molto più comune di quello che si possa pensare, come testimoniato da Giulio Golia nel servizio per Le Iene. Questa situazione ha delle conseguenze anche sul piano ambientale: ovviamente la pesca abusiva contribuisce alla diminuzione della fauna marittima, portando a un nuovo rischio di estinzione per il tonno rosso, proprio come accaduto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.
E’ una guerra economica e geopolitica che porta, per ora, a questo risultato: il nostro tonno rosso, pescato al largo della Sicilia, finisce sulle tavole del Giappone, mentre nei nostri piatti arriva quello del Pacifico. Oltre al problema ambientale, a farne le spese sono i pescatori italiani, che non possono competere con i grandi colossi del mare, e che rischiano di impoverirsi proprio a causa della mancanza di tonni da pescare. Quel poco che finisce nelle reti italiane, viene venduto, specialmente in Sicilia e in Campania, a un prezzo davvero poco competitivo rispetto a quello del mercato orientale.