Da una parte il caso Morisi dall’altra l’inchiesta giornalistica di Fanpage che coinvolge Carlo Fidanza, europarlamentare e capo delegazione di Fratelli d’Italia per Milano.
Vicende ancora tutte da chiarire che imbarazzano non poco i due partiti leader della coalizione di centrodestra, Lega e Fratelli d’Italia, a 48 ore dal voto di domenica per le amministrative. Da ieri sera anche nel partito di Giorgia Meloni scoppia un caso a poche ore dal voto che coinvolge un politico di spicco di FDI. E’ Carlo Fidanza che nell’inchiesta di Fanpage su presunti fondi neri, che negli ultimi tre anni sarebbero serviti a finanziare quest’ultima campagna elettorale.
Fidanza spiega senza sapere di essere ripreso da un giornalista infiltrato che si era presentato come un possibile finanziatore, come lavare i pagamenti destinati al sostegno della campagna di Milano. Coinvolto anche l’estermista Jonghi Lavarini, già condannato per apologia di fascismo, conosciuto come il Barone nero, sarebbe il tramite di un mondo corrotto con fondi che arrivano da Mosca e che coinvolgono la galassia neofascista.
Tra loro candidati al Consiglio comunale di Milano tra saluti romani, lodi a Hitler e progetti antisemita nei confronti dei migranti. Poco fa Giorgia Meloni sul caso ha detto “Chiedo a Fanpage di darmi l’intero girato di questo lavoro di tre anni. Non giudico e valuto un dirigente che conosco da piu’ di 20 anni, sono molto colpita nel vederlo raccontare così. Sono pronta a prendere tutte le decisioni necessarie, nel mio partito non c’è spazio per il razzismo“. Fidanza poco fa ha annunciato di essersi autosospeso e dice: “Mai avuto finanziamenti irregolari ne’ atteggiamenti estremisti”.
La decisione di Carlo Fidanza di autosospendersi arriva verso l’ora di pranzo, poco dopo l’esposto-denuncia presentato dai portavoce dei Verdi Angelo Bonelli ed Eleonora Evi in procura a Milano. Di li al fascicolo aperto dai magistrati milanesi il passo è breve. A seguito di quanto emerso dall’inchiesta di Fanpage, il pool diretto dal pm Maurizio Romanelli ha aperto una inchiesta per presunti finanziamenti illeciti e riciclaggio di denaro. Le indagini sono affidate al nucleo di polizia economico-finanziaria della GdF.
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Nella vicenda, sempre piu’ misteriosa, che vede indagato l’uomo della comunicazione di Salvini, spunta anche l’ombra del ricatto. Ad allungarla il racconto di uno dei due ragazzi romeni, anche lui indagato, Petre, 20 anni, che dice di aver telefonato al 112.
Il racconto è contradditorio prima sostiene di aver chiamato perche’ si sentiva male a causa della droga assunta, racconto smentito dall’audio della telefonata in cui denunciava un furto. A suo dire Morisi avrebbe voluto pagare solo la cifra pattuita, i giovani invece avrebbero chiesto circa 1500 euro. La telefonata è stata fatta il 14 agosto alle 15.30.
Due ore dopo nella cascina arrivano i carabinieri, durante la perquisizione i militari trovano tracce di droga, polvere e liquida. Fino ad oggi gli inquirenti avevano parlato di controllo casuale dei carabinieri, ma in un intervento a Radio 24, questa mattina, il procuratore di Verona non esclude che la segnalazione abbia fatto scattare il caso.
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