A poche settimane dall’obbligo di Green Pass sul luogo di lavoro aumentano i controlli sulle certificazioni. Dalle indagini è emerso che a Roma e Genova alcuni medici le concedessero senza i requisiti stabiliti.
A poco più di due settimane dall’obbligo di Green Pass per i lavoratori sale l’attenzione sulla regolarità delle certificazioni. Poichè l’aumento delle restrizioni potrebbe creare irregolarità. Dalle indagini delle Procure di Roma e Genova sono emerse alcune certificazioni verdi sospette. A rilasciarli un medico romano al momento indagato per falso.
Avrebbe consegnato certificati di avvenuta vaccinazione a persone mai vaccinate e stilato false esenzioni da vaccino a chi non aveva diritto. Sembra inoltre che il dottore indagato abbia certificato false guarigioni da Covid-19 garantendo il Green Pass a persone mai contagiate. Tra i suoi pazienti figurano politici, imprenditori e personaggi dello spettacolo.
L’indagine, ancora nella prima fase, è partita da una segnalazione anonima. Il medico non sarebbe stato ancora segnalato nè al suo Ordine nè all’Asl1 di Roma Capitale.
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Green Pass falsi, il caso di Genova
Grande flusso di segnalazioni anche a Genova. Come riporta Sky Tg24 Roberto Santi, noto per essere contrario alla linea governativa sul Green Pass, avrebbe compilato false certificazioni che attestano problemi di salute per impedire la vaccinazione e l’obbligo di mascherina.
I Green Pass sarebbero stati rilasciati dietro pagamento e senza visita. Il reato sarebbe falso in atto pubblico e falso materiale. L’Ordine dei Medici della Liguria ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Nei prossimi giorni dovrebbe essergli notificata la sanzione.
Green Pass falsi, la truffa viaggia su Telegram
In studio ma anche su smartphone. E’ del 9 agosto l’operazione con cui la polizia postale ha sequestrato 32 canali Telegram come Green Pass Italia e Green Pass Qr Code Covid. Non appena il Governo ha annunciato l’obbligo del Green Pass nei locali è iniziato un considerevole commercio di passaporti vaccinali.
Gli acquirenti pagavano per documenti falsi ma spesso regalavano i propri dati agli indagati subendo una vera e propria truffa. Il Qr Code veniva rubato a coloro che lo avevano ingenuamente postato sui social.